“Women Football: Rising Stars”: Elida Kolbjørnsen, centrocampista dello Stabæk e della Nazionale Giovanile Norvegese
“Cogliete l’attimo, ragazzi. Rendete straordinaria la vostra vita.”
Questa frase, resa immortale dal professor John Keating nel film L’Attimo Fuggente, interpretato da un indimenticabile Robin Williams, è diventata un mantra per intere generazioni. Un invito a vivere intensamente ogni istante, a non lasciare che le opportunità scivolino via. È una lezione che supera i confini delle aule scolastiche e diventa un richiamo alla vita stessa, un’esortazione a trasformare la propria esistenza in qualcosa di irripetibile.
Ci sono momenti in cui il tempo sembra sospendersi, istanti in cui il destino si manifesta e solo chi è pronto a coglierli può trasformarli in eternità. In due occasioni, apparentemente distanti per epoca e luogo, questo insegnamento si è concretizzato su due campi di calcio, uno nella maestosa cornice di Barcellona e l’altro a migliaia di chilometri di distanza, in un piccolo stadio in Norvegia.
È il 1° maggio 2005. Al Camp Nou si vive una notte magica, di quelle che solo Barcellona sa regalare, quando le stelle nel cielo sembrano allinearsi e una nuova comincia a brillare. Il Barcellona di Frank Rijkaard è una squadra che annovera campioni del calibro di Ronaldinho, Deco, il capitano Puyol e l’attaccante camerunese Samuel Eto’o, che porta i blaugrana in vantaggio. Al minuto 71, tra gli applausi scroscianti del pubblico, Eto’o lascia il campo, e al suo posto entra un giovane di appena 17 anni. Indossa il numero 30, un numero che non significa ancora nulla per i più, ma c’è qualcosa di magnetico nel suo portamento, una sicurezza che contrasta con la sua giovane età. È Lionel Messi.
Il Camp Nou trattiene il fiato. Non serve aspettare molto perché accada. Pochi minuti dopo, la palla danza tra i piedi di Ronaldinho, il mago brasiliano. Alza la testa e nota quel ragazzino che si muove con l’agilità di un predatore. Un tocco ed è fatta: Messi riceve il pallone, scatta, fissa il portiere in uscita e lo supera con un pallonetto che sembra uscito da un sogno. Il pallone si deposita dolcemente in rete. Il boato del Camp Nou rompe le barriere del tempo. Ronaldinho, come in un simbolico passaggio di testimone, solleva Messi sulle spalle. In quell’istante, Messi ha colto il suo attimo: il mondo comincia a scrivere il suo nome. “Carpe diem“, avrebbe detto il professor Keating. E Messi lo ha fatto suo.
Quasi vent’anni dopo, a novembre del 2023, lo scenario cambia radicalmente: dal glorioso Camp Nou ci si sposta nel modesto Nadderud Stadion di Baerum, in Norvegia. L’atmosfera è diversa, il pubblico è ridotto rispetto alle oceaniche folle catalane, ma l’attesa è carica di significato. Lo Stabaek, squadra che annovera giocatrici di talento come la bomber Iris Omarsdottir e le giovani promesse Signe Stromnes e Ida Natvik, sta vincendo per 3-0 contro l’Avaldsnes. Una partita ormai decisa, quando al 70′, l’allenatore Petter Belsvik decide di far esordire una giovane promessa. Anche lei indossa il numero 30. Anche lei è minuta, ma nei suoi occhi brilla quella luce che solo i predestinati hanno. Il suo nome è Elida Kolbjørnsen, ha solo 16 anni, ma nelle giovanili si parla già di lei con grande entusiasmo.
Il tempo sembra rallentare. Sette minuti dopo il suo ingresso in campo, Elida riceve palla sulla sinistra. Il controllo è perfetto, il dribbling fulmineo. Elude la sua avversaria con una delicatezza che somiglia a una carezza. Poi un tiro, preciso, diretto al primo palo. La rete si gonfia, e con essa esplode lo stadio. Elida Kolbjørnsen ha colto il suo attimo. Le sue compagne la abbracciano, il pubblico applaude. Anche qui, come quella notte al Camp Nou, qualcuno si avvicina e dice: “Segnatevi quel nome“.
“Il mio primo gol nella Toppserien è uno dei momenti più importanti della mia giovane carriera” racconta Elida a WomenFootball.it. “La situazione in cui mi sono trovata, ossia uno contro uno con il difensore avversario, mi piace molto. Il gol è stato un’emozione forte, così come l’abbraccio delle mie compagne, un fattore motivazionale che mi ha spinto ancora di più negli allenamenti”.
Elida non nasconde un legame particolare con il campione argentino: “Il mio modello di riferimento è certamente Messi. Dal mio punto di vista, è il miglior giocatore di tutti i tempi, e amo guardarlo giocare”. Lui mancino, lei destrorsa. Lui lontano dalla sua terra d’origine, lei nella sua casa. Ma il modo in cui si sono presi la scena e il loro profondo legame con il calcio sono aspetti che li accomunano. “La mia passione per il calcio è iniziata molto presto. Fin da piccola, accompagnavo mio padre agli allenamenti delle squadre locali di cui era allenatore. Ogni mio ricordo è legato a un pallone che giocavo a bordo campo”. Ed è proprio il legame con il padre che ha determinato la scelta e il percorso di Elida verso il mondo del calcio. “I miei genitori mi hanno sempre supportata, incoraggiata e hanno avuto un grande impatto sul mio sviluppo e su chi sono oggi. Mio padre ed io ci siamo sempre allenati insieme, ci siamo divertiti giocando a calcio, e ci alleniamo insieme ancora oggi, diversi giorni a settimana.”
Il suo primo approdo calcistico è stato nella squadra locale dello Steinberg, prima del trasferimento al Mjondalen, dove, come spesso accade, ha giocato in una squadra mista. “Ho iniziato nella squadra ricreativa, poi sono entrata nell’accademia, dove mi sono allenata con le ragazze. A 14 anni sono arrivata allo Stabaek. Sono orgogliosa di far parte di questa squadra storica per tanti motivi. Ci sono molte calciatrici di talento da cui posso imparare molto, e ho una quotidianità ideale per combinare la scuola al NTG con il calcio.”
Stabilmente in prima squadra, Elida non è una giocatrice da cui ci si aspetta valanghe di gol, ma è capace di giocate decisive che abbagliano con il suo talento puro. I media hanno già acceso i riflettori su di lei, ma la giovane rimane concentrata sui suoi obiettivi: “Debuttare nella Toppserien a 15 anni è stata un’esperienza straordinaria, realizzando un sogno che avevo fin da piccola. L’attenzione dei media ha creato aspettative, ma cerco di non pensarci troppo. Voglio divertirmi, allenarmi e fare tutto il necessario per diventare la migliore versione di me stessa”.
Naturalmente, l’attenzione è rivolta anche al suo futuro in nazionale, dove Elida già si distingue nelle selezioni giovanili. Il sogno, però, è chiaro: entrare un giorno nella nazionale maggiore. Ma Kolbjørnsen dimostra una maturità rara: “Per entrare in nazionale, devo essere paziente, lavorare duramente e in modo intelligente, e continuare a sviluppare le mie abilità con il pallone. Il mio obiettivo è progredire nel sistema della nazionale e, a lungo termine, diventare una giocatrice della nazionale maggiore.”
La storia di Elida Kolbjørnsen è la prova che il “carpe diem” non è solo un motto da pronunciare nei momenti più facili, ma una filosofia di vita da applicare nei momenti più cruciali. Come Messi, ha saputo cogliere l’occasione per scrivere la propria storia, consapevole che ogni opportunità afferrata oggi può gettare le basi per il successo di domani.
Alla fine, ciò che unisce queste due storie di calcio, apparentemente così diverse, è la capacità di riconoscere l’attimo giusto, di cogliere quell’istante fuggente che può cambiare un destino. Messi ha iniziato la sua leggenda con un pallonetto al Camp Nou, Elida sta scrivendo la sua con una giocata magistrale su un campo di calcio in Norvegia. Entrambi, con il loro talento e la loro dedizione, ci ricordano che la vita va vissuta appieno, senza rimpianti. “Carpe diem“, diceva il professor Keating, e sia Messi che Kolbjørnsen ci insegnano che, nel calcio come nella vita, chi sa cogliere il proprio attimo può rendere la propria esistenza davvero straordinaria.
“Seize the day, boys. Make your lives extraordinary.”
This phrase, immortalized by Professor John Keating in the film Dead Poets Society, portrayed by the unforgettable Robin Williams, has become a mantra for entire generations. It’s an invitation to live every moment intensely, not letting opportunities slip away. It’s a lesson that transcends the classroom and becomes a call to life itself, an exhortation to turn one’s existence into something unforgettable.
There are moments when time seems to stand still, instances when destiny reveals itself, and only those ready to seize them can turn them into eternity. On two occasions, seemingly distant in time and place, this lesson materialized on two football fields—one in the majestic setting of Barcelona, and the other thousands of kilometers away in a small stadium in Norway.
It’s May 1, 2005. At Camp Nou, a magical night unfolds, one of those only Barcelona can deliver, where the stars in the sky seem to align and a new one begins to shine. Frank Rijkaard’s Barcelona is a team brimming with stars like Ronaldinho, Deco, captain Puyol, and Cameroonian striker Samuel Eto’o, who puts the blaugrana ahead. In the 71st minute, amidst thunderous applause, Eto’o leaves the field, and in his place enters a 17-year-old boy. He wears number 30, a number that means nothing yet to most, but there’s something magnetic about his demeanor, a confidence that contrasts with his young age. His name is Lionel Messi.
The Camp Nou holds its breath. It doesn’t take long for something to happen. Just a few minutes later, the ball dances at the feet of Ronaldinho, the Brazilian magician. He looks up and spots the young boy moving with the agility of a predator. One touch, and it’s done: Messi receives the ball, sprints, eyes the approaching goalkeeper, and beats him with a delicate chip that seems dreamlike. The ball nestles gently into the net. The roar of Camp Nou breaks the barriers of time. Ronaldinho, in a symbolic passing of the torch, lifts Messi onto his shoulders. In that instant, Messi seizes his moment: the world begins to write his name. “Carpe diem,” Professor Keating would have said. And Messi made it his own.
Nearly twenty years later, in November 2023, the scene changes drastically: from the glorious Camp Nou to the modest Nadderud Stadion in Baerum, Norway. The atmosphere is different, the crowd smaller compared to the Catalan oceans of fans, but the anticipation is full of meaning. Stabaek, a team featuring talents like striker Iris Omarsdottir and young prospects Signe Stromnes and Ida Natvik, is leading 3-0 against Avaldsnes. The game is practically decided when, in the 70th minute, coach Petter Belsvik decides to introduce a promising young player. She also wears the number 30. She’s small, but there’s a sparkle in her eyes, the kind only those destined for greatness possess. Her name is Elida Kolbjornsen, just 16 years old, but she’s already generating excitement in the youth ranks.
Time seems to slow down. Seven minutes after her introduction, Elida receives the ball on the left. The control is flawless, the dribble lightning-fast. She eludes her defender with a move as gentle as a caress. Then, a shot, precise, aimed at the near post. The net ripples, and with it, the stadium erupts. Elida Kolbjornsen has seized her moment. Her teammates embrace her, the crowd applauds. Just like that night at Camp Nou, someone here says: “Remember that name.”
“My first goal in the Toppserien is one of the most important moments in my young career. I really enjoy one-on-one situations like the one I found myself in. Scoring was an intense feeling, as was the embrace from my teammates, which motivated me even more during training.”
Elida doesn’t hide a special connection with the Argentine champion: “Messi is definitely my role model. In my opinion, he’s the greatest player of all time, and I love watching him play.” He’s left-footed, she’s right-footed. He far from home, she in her own. But the way they took the stage and their deep connection to football are what unite them. “My passion for football started very early. Since I was a child, I would accompany my father to the training sessions of local teams he coached. Every memory I have is tied to a ball I played with on the sidelines.” And it’s precisely her bond with her father that has shaped Elida’s path into the football world. “My parents have always supported and encouraged me, having a huge impact on who I am today. My father and I have always trained together, having fun playing football, and we still train together several days a week.”
Her first football stop was with the local Steinberg team before moving to Mjondalen, where, as is often the case, she played in a mixed team. “I started in the recreational team, then moved to the academy, where I trained with the girls. At 14, I joined Stabaek. I’m proud to be part of this historic team for so many reasons. There are a lot of talented players I can learn from, and I have an ideal setup for combining school at NTG with football.”
Now a regular in the first team, Elida isn’t expected to score loads of goals, but she’s capable of decisive plays that dazzle with her pure talent. The media has already turned the spotlight on her, but the young player remains focused on her goals: “Debuting in the Toppserien at 15 was an extraordinary experience, realizing a childhood dream. The media attention has created expectations, but I try not to think about it too much. I just want to have fun, train, and do everything necessary to become the best version of myself.”
Naturally, the focus is also on her future in the national team, where Elida already stands out in youth selections. The dream, however, is clear: to one day join the senior national team. But Elida shows rare maturity: “To make it into the national team, I need to be patient, work hard and smart, and continue developing my skills with the ball. My goal is to progress within the national system and, in the long term, become a player for the senior national team.”
Elida Kolbjornsen’s story is proof that “carpe diem” isn’t just a motto for easy moments, but a philosophy of life to apply during the most crucial ones. Like Messi, she seized the opportunity to write her own story, knowing that every chance taken today can lay the foundation for tomorrow’s success.
In the end, what unites these two football stories, seemingly so different, is the ability to recognize the right moment, to seize that fleeting instant that can change a destiny. Messi began his legend with a chip at Camp Nou, Elida is writing hers with a masterful play on a football field in Norway. Both, with their talent and dedication, remind us that life should be lived to the fullest, without regrets. “Carpe diem,” as Professor Keating said, and both Messi and Kolbjornsen teach us that in football, as in life, those who seize their moment can make their lives truly extraordinary.
di Ernesto Pellegrini
Nella foto, Elida Kolbjornsen in azione con la maglia dello Stabæk (da Kristian Bjerke, Stabæk Fotball).